Lezioni dalla spagnola
Pensi che la pandemia più estesa sia stata la peste nera che ha decimato gli abitanti d'Europa nel XIV secolo?
Niente da fare, sei fuori strada: l'epidemia virale più grave che l'umanità si sia mai trovata ad affrontare è stata l'epidemia di influenza spagnola, che tra il 1918 e il 1920 ha causato la morte di quasi 100 milioni di persone in tutto il mondo.
Cerchiamo di capire cosa ha voluto dire.
Un'epidemia è la diffusione molto veloce di un agente infettivo, generalmente un virus o un batterio, che colpisce moltissimi individui di una popolazione. Generalmente, l'epidemia ha una fase iniziale in cui le persone colpite sono poche, un picco di massima diffusione e una fase di calo; di solito, quindi un'epidemia ha una durata limitata nel tempo.
Il grafico, elaborato dal Ministero della sanità inglese, mostra quale fu l'andamento dell'epidemia di influenza spagnola nel Regno Unito tra la metà del 1918 e la metà del 1919 (attenzione al formato della data sull'asse delle ascisse!); si vede chiaramente come in quel caso ci furono diversi picchi, preceduti e seguiti da periodi in cui i morti furono meno.
Questo fu uno degli aspetti che resero questa epidemia particolarmente terribile: il picco non fu uno solo, ma ve ne furono diversi, grazie al fatto che il virus, di tipo A H1N1, attaccava l'uomo per la prima volta, mutava molto velocemente e si mescolava a altri virus in circolazione.
In questo modo, le persone potevano essere colpite anche più di una volta dalle diverse mutazioni del virus in circolazione, e questo aumentò notevolmente la mortalità generale.
Le circostanze generali in cui si trovava il mondo dopo la guerra (povertà, malnutrizione diffusa, ospedali molto affollati, scarse condizioni igieniche) contribuirono sicuramente alla diffusione del virus a fette sempre più grandi della popolazione.
Inoltre, si trattò di una pandemia: si diffuse cioè in tutto il mondo, dal Mar Glaciale Artico ad alcune remote piccole isole dell'Oceano Pacifico.
Anche sotto questo aspetto, la guerra giocò un ruolo non di secondo piano: nel primo periodo, la vita di trincea, con un gran numero di soldati obbligati a vivere in spazi molto ridotti e in condizioni igieniche precarie fece sì che molti di loro venissero colpiti dal virus; dopo la fine della guerra, i soldati sopravvissuti portarono con sé il virus nei rispettivi Paesi di origine, diventando vettori di diffusione dell'infezione.
Per il mondo fu un'esperienza devastante: la popolazione mondiale di allora fu ridotta quasi del 5%.
Per questo motivo per gli scienziati è diventato un caso di studio con cui viene confrontata qualsiasi altra grande epidemia virale che colpisce l'umanità; sono stati analizzati i dati di diffusione sia temporali che geografici, per cercare di trovare qualche tecnica di prevenzione che possa essere utilizzata per evitare che una simile ecatombe possa ripetersi.
Niente da fare, sei fuori strada: l'epidemia virale più grave che l'umanità si sia mai trovata ad affrontare è stata l'epidemia di influenza spagnola, che tra il 1918 e il 1920 ha causato la morte di quasi 100 milioni di persone in tutto il mondo.
Cerchiamo di capire cosa ha voluto dire.
Un'epidemia è la diffusione molto veloce di un agente infettivo, generalmente un virus o un batterio, che colpisce moltissimi individui di una popolazione. Generalmente, l'epidemia ha una fase iniziale in cui le persone colpite sono poche, un picco di massima diffusione e una fase di calo; di solito, quindi un'epidemia ha una durata limitata nel tempo.
Il grafico, elaborato dal Ministero della sanità inglese, mostra quale fu l'andamento dell'epidemia di influenza spagnola nel Regno Unito tra la metà del 1918 e la metà del 1919 (attenzione al formato della data sull'asse delle ascisse!); si vede chiaramente come in quel caso ci furono diversi picchi, preceduti e seguiti da periodi in cui i morti furono meno.
Questo fu uno degli aspetti che resero questa epidemia particolarmente terribile: il picco non fu uno solo, ma ve ne furono diversi, grazie al fatto che il virus, di tipo A H1N1, attaccava l'uomo per la prima volta, mutava molto velocemente e si mescolava a altri virus in circolazione.
In questo modo, le persone potevano essere colpite anche più di una volta dalle diverse mutazioni del virus in circolazione, e questo aumentò notevolmente la mortalità generale.
Le circostanze generali in cui si trovava il mondo dopo la guerra (povertà, malnutrizione diffusa, ospedali molto affollati, scarse condizioni igieniche) contribuirono sicuramente alla diffusione del virus a fette sempre più grandi della popolazione.
Inoltre, si trattò di una pandemia: si diffuse cioè in tutto il mondo, dal Mar Glaciale Artico ad alcune remote piccole isole dell'Oceano Pacifico.
Anche sotto questo aspetto, la guerra giocò un ruolo non di secondo piano: nel primo periodo, la vita di trincea, con un gran numero di soldati obbligati a vivere in spazi molto ridotti e in condizioni igieniche precarie fece sì che molti di loro venissero colpiti dal virus; dopo la fine della guerra, i soldati sopravvissuti portarono con sé il virus nei rispettivi Paesi di origine, diventando vettori di diffusione dell'infezione.
Per il mondo fu un'esperienza devastante: la popolazione mondiale di allora fu ridotta quasi del 5%.
Per questo motivo per gli scienziati è diventato un caso di studio con cui viene confrontata qualsiasi altra grande epidemia virale che colpisce l'umanità; sono stati analizzati i dati di diffusione sia temporali che geografici, per cercare di trovare qualche tecnica di prevenzione che possa essere utilizzata per evitare che una simile ecatombe possa ripetersi.
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